L’inutile passare dei millenni

Ponte del 1° Maggio. Io, l’angelo biondo, Il capocordata (capo) e nostra signora del caffè, la donna che il capo conquisto con un rutto come già raccontai in passato. Romanticherie d’altri tempi!
Tutti e 4 in quel di Nizza, pomeriggio in una spiaggetta dalle parte di St. Jean Cap Ferrat. La mattina era trascorsa lenta sulla terrazza facendo colazione e facendo quattro chiacchere dopo un bel po’ di tempo che non ci si vedeva, anche se con loro il tempo sembra non essere passato mai.
Sveglia tardi, eravamo arrivati verso le tre di notte dopo aver visto un concerto a Torino.

Un viaggio quasi surreale: io e l’angelo partiamo dopo un bel concerto da Torino a mezzanotte passata.
La Torino-Savona ci aspetta. Lei dorme, gliel’ho chiesto io, così se più tardi mi verrà sonno mi potrà tenere un po’ di compagnia.
L’autostrada è semideserta, l’ora è molto tarda, questa autostrada che ti porta al mare. Che scende al mare. Sembra essere tutta in discesa, ma non lo è, scivola giù sul piemonte, con curve che ti aspetteresti su una pista di slittino o di bob, ma è meglio così. La settimana è stata lunga, la giornata anche e avere una strada un po’ impegnativa da guidare invece che un lungo ed eterno rettilineo mi aiuta a stare sveglio.
Guido spedito quanto le curve me lo consentono con qualche piccolo scossone, ma l’angelo biondo dorme tranquilla.
Arriviamo sino a Savona, il mare buio si apre davanti a noi, qualche auto in più, l’angelo continua a dormire, si sveglierà dalle parti di Spotorno: “Non mi hai svegliato!”, “Non avevo sonno, tu invece sì, ti ho lasciata dormire”, ” Sì, ma…..zzzz”. Si risveglierà a Ventimiglia quando il navigatore si farà un po’ più loquace e le due ore dormite la aiuteranno a rimanere sveglia per i pochi chilometri alla destinazione. […]
“Tra Tre-cento me-tri, ARRIVO” dice lui, noi chiamiamo il capo e lo buttiamo giù dal letto. Un abbraccio. Entriamo in casa, in 10 minuti siamo sistemati per la notte. Nostra signora del caffè la vedremo al mattino, inutile svegliarla ora.

Pomeriggio in spiaggia, le donne si “lucertolizzano” al sole, io e il capo ci prepariamo: l’acqua saponata per infilare la muta, la boa di segnalazione da gonfiare, i piombi e la cintura, infiliamo la muta tra qualche imprecazione, le donne ci supportano un po’, mettiamo calzari e guanti. Prepariamo maschera e boccaglio, l’arbalete (fucile ad elastico da pescasub), le “pinne chilometriche” e partiamo per la pesca.
Di pesce non ce n’è molto che possa essere catturato per la cena. Un po’ di traffico di barche. Stiamo attenti e cerchiamo di stare più verso gli scogli anche se lì non c’è molto fondo. Io sono un po’ troppo leggero e non riesco molto a stare a fondo, è la mia seconda battuta di pesca, sono impacciato.
Il capo prende un primo polpo a 6 metri e entrambi litighiamo molto per sfilare l’asta che si è incagliata in un buco, ma al terzo tentativo riesco a sfilarla. Decidiamo di tornare e in un metro d’acqua troviamo un altro bel polpo, più grosso, gli spariamo entrambi. Io lo passo completamente. Il capo lo doppia e lotta un po’ con il cefalopode che rilascia inchiostro e lotta per vivere. Vuoi dargli torto? Dopo un po’ ne abbiamo la meglio.
Ci avviciniamo alla battigia. Le donne vengono a vedere come è andata. Mostriamo orgogliosi i due polpi. In quel momento un pensiero mi attraversa la mente: sono passati milioni di anni, ma la scena è davvero da paleolitico. Gli uomini che escono per la caccia/la pesca. Le donne che restano al focolare. Gli uomini che tornano e mostra fieri le proprie prede. La donna che si inorgoglisce di cotanto maschio e si prepara a cucinare per il cacciatore e la prole (in questo caso assente). Milioni d’anni di evoluzione e conquiste sociali buttati alle ortiche in un pomeriggio di Maggio in costa azzurra. Condivido il pensiero con loro e ce la ridiamo di gusto. Questa sera insalata di Polpo con le patate, of course!
Caccia

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