Piccolo. Spazio. Pubblicità

Premessa: pur sapendo che le generalizzazioni non valgono nulla, vi dico che, in generale, per le esperienze che ho avuto, i liguri, specie quelli che lavorano nel turismo, non sono tra quelli che mi restano più simpatici. Spesso scontrosi, generalmente poco cordiali e con quei modi di fare che sembrano volerti dire: “Ma proprio qui a farti prendere dei soldi da me dovevi venire? Ma non potevi startene al tuo paesino del cazzo! Da me dovevi venire a farti rubare sta paccata di soldi! Belin! Cosa vuoi?”. E detto da un piemontese è tutto dire 🙂

Come detto all’inizio questa è una vergognosa generalizzazione, che in quanto tale non vale niente. Però l’impressione, magari sbagliata, il pregiudizio se volete, è difficile da levare dalla testa. Week end scorso in quel di Levanto, vicino alle 5 terre. Il barista del mattino già accusa, senza essersi accorto che ero alla cassa, che io e gli altri 4 amici che mi accompagnavano, fossimo andati via senza pagare. Ovviamente non ho potuto fare a meno di farglielo notare. Questo si è prodigato in pindariche spiegazioni per giustificarsi della topica clamorosa, peggiorando notevolmente il risultato. Antipatia ligure 1, Ospitalità 0. Palla al centro.

Nella tarda mattinata di Sabato incontriamo Marco. Personaggio caratteristico che affitta barche nel porticciolo di Levanto. Noi avremmo voluto una barca per il sabato, ma erano già tutte impegnate. Ci fermiamo a parlare con lui che ci illustra i suoi servizi. Si tuffa in mare dal moletto a metà di una frase con noi per recuperare una palla a un ragazzino che stava uscendo con una sua barca. Ci accordiamo per una barca per il giorno dopo, ce la lascia disponibile alle 7 per andare a pescare, quando di solito si esce dopo le 9. Alla sera andiamo a ricevere istruzioni. Il giorno successivo alle 7 il mare è così così. Tardiamo la partenza di due ore per vedere se migliora. Alle 9 usciamo, anche se il mare non è uno splendore. Alle 12 dobbiamo rientrare perchè le onde si son fatte grandi e la barchina da pesca potrebbe farsi pericolosa. Marco ci accoglie. Scarichiamo tutto, sistemiamo i conti. Ci fa un prezzo davvero onesto. Scambiamo un po’ di opinioni sul mare, sciacquiamo le mute da apnea sul suo molo. Ci carica i vari borsoni sul suo Ape car e ce li porta sino all’auto che si trova un po’ distante. Noi lo raggiungiamo a piedi. Scarichiamo il tutto e restiamo a guardare il mare e a scambiare due battute con lui. Deve tornare al lavoro, ci saluta con una stretta di mano possente e un po’ ruvida come quella che hanno tutti quelli che lavorano a contatto con il mare e lo respirano dentro per intero. Sorridiamo, la giornata di pesca è stata turbata dal mare, ma siam contenti di aver conosciuto Marco. Un sorriso ci corre lungo il volto. Lo rivedremo prima o poi…

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Se voi lo volete andare a trovare…

Rosadeiventi

Saturno contro

Premessa: Sono (ero?) persona estremamente (pure troppo) razionale e logica. Galileiano sino al midollo. :>>

Ciò detto: Da sei mesi circa ho un nuovo lavoro, sto imparando molte cose e molte ce ne saranno da imparare. Dove lavoro si è organizzati per “backup” come in molte aziende, ovvero ci sono (in teoria) almeno due persone che sanno fare lo stesso lavoro in maniera che quando una è in ferie o in malattia l’altra possa supplire almeno alle urgenze. Io sono il backup del mio capo che è anche vice-capo dell’area dove lavoro e che è a sua volta backup mio ( e di diverse altre persone data l’esperienza). Io quindi sto imparando tutto il possibile anche perchè fra non molto andrà in ferie e io dovrò far fronte a ciò che capiterà (seguono gesti apotropaici 🙂 diffusi). Bene, è un mese o più che del lavoro che dobbiamo fare riusciamo a fare poche cose perchè capitano le peggio “disgrazie”, lavorativamente parlando, tra cui diverse che “non si erano mai verificate da quando lavoro qui” a detta del capo e che riescono a sovrappporsi in maniere abbastanza catastrofiche. Va beh, un periodo difficile può capitare, poi come insegna una legge di murphy: “Quando piove, diluvia!”

Ciò detto, l’altro giorno torno a casa un’ora, una, in pausa pranzo e la bicicletta che da molti (troppi) mesi si trova su uno scaffale in alto di fronte all’auto parcheggiata in garage pensa bene di rovinare sul cofano dell’auto e il pedale mi lascia una bel graffito “bollato” ad “L”. Sarà passato un gatto. Ma cacchio proprio nell’ora in cui ero a casa per pranzo! Va beh, capita….

Ieri mattina mi sveglio alle 6e20, per le 07:00 sono in ufficio, al pomeriggio sarò a Milano dal dentista (storia lunga anche questa), torno alla sera e ad aspettarmi sul tavolo c’è una multa di 156Euro e 6 punti di patente per passaggio con il rosso in uno di quei bei semafori con telecamera che vanno di moda di questi tempi. Semaforo noto e a cui presto molta attenzione e che son sicuro di non avere passato con il rosso. Ci sono molti ricorsi in ballo per irregolarità di utilizzo del suddetto. Va beh, aggiungerò anche il mio…

Vado a prendere una pizza nella pizzeria in cui mi servo di solito, il padre del proprietario esordisce con un: “Ma tu sei il figlio del G.”, Io:”Sì, però….” Lui “Mi ricordo 30 anni fa…salutamelo se…” – Io:”…sarà 10 anni che non lo vedo >:-(” – Lui:” Beh, se lo vedi salutamelo lo stesso…” Io:”Eh sì, presenterò… :-/ ” – Lui:”Son 10 anni che non lo vedi?!” – “Io:”|-| Sì, 10 forse più, ho un po’ perso il conto….” – Lui: “Un tipo tosto, eh?…” Io: “Sì, pure troppo…..>:-(:## ” vado a casa e mi mangio la pizza smadonnando per la multa e la piacevole conversazione….capisco, la “topica” capita a tutti, però se uno insiste pure anche perchè non è che stessi celando molto il fatto che l’argomento non era proprio di quelli graditi.. va beh, capita…

Questa mattina, vado a far colazione nel mio bar preferito e nell’andarci uno mi supera su un ponte, non larghissimo in centro città o quasi, smaddonnandomi contro per chissà quale ragione, a DESTRA ovviamente…rischiando un incidente non proprio di quelli carini… per poi esaurire la sua fretta alla macchina successiva anche perchè si andava sui 50 e la strada non è da gran prix…va beh, di scaldati ce ne sono tanti in giro, li ignoriamo, tanto vorrai mica farli ragionare….

Dicevo all’inizio: sono estremamente logico e razionale, ma iniziavo a farmi delle domande , del tipo:

“Avrò mica Saturno contro?”

Ah, a proposito: Oggi è il mio compleanno…. :yes: :wave:

ps: avete qualche rito propiziatorio da consigliare?

Il Porsche e la Maruti

I 4 personaggi del post precedente tornano dal mare e si dirigono verso casa. Da St. Jean Cap Ferrat a Nizza ci sono delle stradine molto caratteristiche tutte tornanti tra villette molto mediterranee e che “fanno molto cote azur” Il mezzo di locomozione è una Suzuki Maruti d’annata. Piccola macchinetta agile, facile da posteggiare e molto simpatica. Il capo e Nostra signora del caffè sono davanti e sono entrambi assai alti. Il capo alla guida. Io e l’angelo biondo dietro. Nel baule e tra noi due, fucili da pesca, pinne, mute e compagnia bella. Capacità di carico sorprendente, davvero.
Ci infiliamo in una di queste stradine tutte tornanti. Davanti un porsche carrera di quelli da ricchi con alettone fisso un po’ tamarro. Ci seminerà subito pensiamo noi. Il porsche invece è lento, il capo gli si incolla dietro, la strada è marcatamente in salita la macchina è carica, molto carica. Al primo tornante il capo fa una doppietta e recupera il distacco. Io e l’angelo (appassionata di Porsche) iniziamo a gasarlo di stargli dietro. Nostra signora del caffè invece lo invita a non fare l’asino.
Il capo inizia a chiedere strada con il clacson buffissimo del maruti. Il porsche non ci distacca. Io e l’angelo siamo dietro che ci scassiamo dal ridere. Iniziamo tutti a ridere e a dire cretinate. Alcuni abitanti del luogoo uscendo di casa assistono alla seguente scena: una Porche con sopra una sola persona inseguita a breve distanza da un suzuki Maruti verde carico all’inverosimile con 4 persone a bordo che chiede insistentemente strada con il clacson. Alcuni sorridono, anche il tipo della porche probabilmente se la sta ridendo e forse sta al gioco. Noi di sicuro ci stiamo divertendo, ci basta poco.
Dentro il Maruti, grazie alle vibrazioni, la sensazione è di grande velocità e concitazione dell’azione, il tachimetro ci dice che stiamo invece andando a non più di 40 all’ora. Scolliniamo e la scena prosegue anche in discesa, noi che gasiamo e il capo che chiede strada. La porsche bella tranquilla. Noi si ride di gusto. La gente che guarda un po’ stupita. […] Siamo arrivati a casa. Fine del gioco, abbiam male allo stomaco a forza di ridere.
Anche la Maruti e orgogliosa di sè. Ne parlerà di certo stasera con le altre auto nel parcheggio e se ne pavoneggierà senza essere creduta…
Suzuki Maruti, macchina di grandissima libidine!
Maruti

L’inutile passare dei millenni

Ponte del 1° Maggio. Io, l’angelo biondo, Il capocordata (capo) e nostra signora del caffè, la donna che il capo conquisto con un rutto come già raccontai in passato. Romanticherie d’altri tempi!
Tutti e 4 in quel di Nizza, pomeriggio in una spiaggetta dalle parte di St. Jean Cap Ferrat. La mattina era trascorsa lenta sulla terrazza facendo colazione e facendo quattro chiacchere dopo un bel po’ di tempo che non ci si vedeva, anche se con loro il tempo sembra non essere passato mai.
Sveglia tardi, eravamo arrivati verso le tre di notte dopo aver visto un concerto a Torino.

Un viaggio quasi surreale: io e l’angelo partiamo dopo un bel concerto da Torino a mezzanotte passata.
La Torino-Savona ci aspetta. Lei dorme, gliel’ho chiesto io, così se più tardi mi verrà sonno mi potrà tenere un po’ di compagnia.
L’autostrada è semideserta, l’ora è molto tarda, questa autostrada che ti porta al mare. Che scende al mare. Sembra essere tutta in discesa, ma non lo è, scivola giù sul piemonte, con curve che ti aspetteresti su una pista di slittino o di bob, ma è meglio così. La settimana è stata lunga, la giornata anche e avere una strada un po’ impegnativa da guidare invece che un lungo ed eterno rettilineo mi aiuta a stare sveglio.
Guido spedito quanto le curve me lo consentono con qualche piccolo scossone, ma l’angelo biondo dorme tranquilla.
Arriviamo sino a Savona, il mare buio si apre davanti a noi, qualche auto in più, l’angelo continua a dormire, si sveglierà dalle parti di Spotorno: “Non mi hai svegliato!”, “Non avevo sonno, tu invece sì, ti ho lasciata dormire”, ” Sì, ma…..zzzz”. Si risveglierà a Ventimiglia quando il navigatore si farà un po’ più loquace e le due ore dormite la aiuteranno a rimanere sveglia per i pochi chilometri alla destinazione. […]
“Tra Tre-cento me-tri, ARRIVO” dice lui, noi chiamiamo il capo e lo buttiamo giù dal letto. Un abbraccio. Entriamo in casa, in 10 minuti siamo sistemati per la notte. Nostra signora del caffè la vedremo al mattino, inutile svegliarla ora.

Pomeriggio in spiaggia, le donne si “lucertolizzano” al sole, io e il capo ci prepariamo: l’acqua saponata per infilare la muta, la boa di segnalazione da gonfiare, i piombi e la cintura, infiliamo la muta tra qualche imprecazione, le donne ci supportano un po’, mettiamo calzari e guanti. Prepariamo maschera e boccaglio, l’arbalete (fucile ad elastico da pescasub), le “pinne chilometriche” e partiamo per la pesca.
Di pesce non ce n’è molto che possa essere catturato per la cena. Un po’ di traffico di barche. Stiamo attenti e cerchiamo di stare più verso gli scogli anche se lì non c’è molto fondo. Io sono un po’ troppo leggero e non riesco molto a stare a fondo, è la mia seconda battuta di pesca, sono impacciato.
Il capo prende un primo polpo a 6 metri e entrambi litighiamo molto per sfilare l’asta che si è incagliata in un buco, ma al terzo tentativo riesco a sfilarla. Decidiamo di tornare e in un metro d’acqua troviamo un altro bel polpo, più grosso, gli spariamo entrambi. Io lo passo completamente. Il capo lo doppia e lotta un po’ con il cefalopode che rilascia inchiostro e lotta per vivere. Vuoi dargli torto? Dopo un po’ ne abbiamo la meglio.
Ci avviciniamo alla battigia. Le donne vengono a vedere come è andata. Mostriamo orgogliosi i due polpi. In quel momento un pensiero mi attraversa la mente: sono passati milioni di anni, ma la scena è davvero da paleolitico. Gli uomini che escono per la caccia/la pesca. Le donne che restano al focolare. Gli uomini che tornano e mostra fieri le proprie prede. La donna che si inorgoglisce di cotanto maschio e si prepara a cucinare per il cacciatore e la prole (in questo caso assente). Milioni d’anni di evoluzione e conquiste sociali buttati alle ortiche in un pomeriggio di Maggio in costa azzurra. Condivido il pensiero con loro e ce la ridiamo di gusto. Questa sera insalata di Polpo con le patate, of course!
Caccia

Il piacere dei dettagli

Io credo che i piaceri della vita siano fatti di piccole cose, l’importante è saperle vedere ed apprezzare per la loro elegante semplicità. Sono un minimalista. Pur essendo affascinato dal barocco, poi mi piacciono linee, semplici, essenziali ed armoniche. Sono un discreto osservatore e mi piace alle volte perdermi in un dettaglio in una linea curva, in una nota cromatica, nel calore di un raggio di sole, nel profumo delle piante che mi circondano mentre corro in un parco…sono le piccole cose quelle che mi trasferiscono emozione, mi danno serenità e mi fanno apprezzare il mondo nonostante tutto. Alle volte si è addirittura felici, benchè, come mi è capitato di scrivere ad una cara amica, cerco di tendere alla serenità più che alla felicità, questa è episodica, mentre la serenità è qualcosa di più duraturo e presuppone un equilibrio più stabile….

Uno dei piaceri delle piccole cose è sta anche nella condivisione, i momenti piacevoli lo sono ancora di più per me se li posso condividere con qualcun altro, alle volte direttamente vivendo l’esperienza insieme, alle volte la condivisione avviene con il racconto, come in questo caso.

Tra i piccoli piaceri della vita di certo faccio rientrare a una buona cena, mi sembra superfluo indicare che sono ovviamente un’estimatore di una filosofia slow, credo lo si intuisca anche solo dalle poche righe qui sopra. Mi piace cenare sempre in posti diversi e mi piace ricercare luoghi in cui la cena riesca a coinvolgere i sensi a tutto tondo, perchè se pensate che il cibo sia solo una questione gustativa, credo che vi stiate perdendo qualcosa. Il concetto di cena è legato alla Qualità e di certo non alla quantità. Di norma preferisco sacrificare la frequenza sull’altare della qualità, ovvero, meno cene, ma che siano degne di nota….

Nello scorso weekend l’occasione era propizia, anche se di norma non è che attenda una celebrazione particolare per dedicarmi ad una buona cena, è sufficiente avere la voglia ed il tempo per dedicarcisi e un qualunque momento può essere opportuno e propizio. Dicevo: l’occasione era propizia per far visita ad un ristorante che si trova dalle mie parti e che mi era stato caldamente raccomandato da un collega e amico che condivide fors’anche più di me il piacere per la buona cucina e per ciò che la circonda…

Vi accompagno ora nel viaggio attraverso i cinque sensi che è stata per me, e per l’angelo biondo che ha condiviso con me questo piacere, la cena di venerdì scorso…

Il locale è ricavato da quel che originariamente era una scuderia per i cavalli, ma se non lo sapete difficilmente ve ne accorgerete, in quanto ciò che resta di quest’antico locale sono gli anelli metallici murati alle pareti in pietra imbiancate a calce che servivano per legare appunto le cavezze dei cavalli e le volte a botte con i mattoni in vista. Il pavimento è di uno splendido cotto con le fughe molto ampie (almeno un paio di centimetri) e leggermente concave. Alle pareti delle gerle metalliche che richiamano quelle utilizzate per mettere la biada destinata ai cavalli hanno al loro interno delle splendide composizioni di fiori secchi con tonalità bruciate tipiche dell’autunno. La sala è abbastanza ampia ed inframezzata da colonne, i tavoli pochi e tutti nella versione “abbeilles” come le sedie che li contornano hanno tovaglie nei toni dell’ecrù e del beige. Le sedie hanno invece un “vestito” bianco con delicate lavorazioni in leggero rilievo. Vi sono pochi tavoli e ben distanziati. Una leggera musica di sottofondo quasi impercettibile si diffonde nella sala, mentre una cameriera vestita con un pantalone nero, una camicia bianca con gilet nero ed un lungo grembiule piano color amaranto, di gusto più tipicamente mitteleuropeo, ci accompagna al tavolo. Subito viene portato un piccolo sgabello (alto circa una spanna) su cui è possibile appoggiare la propria borsa e a seguire viene accesa la candela che adorna il tavolo.

Ecco giungere le liste: il menù, la carta dei vini e la carta delle acque e delle birre. Dopo una breve consultazione optiamo entrambi per il menù degustazione “di terra”, anche se anche quello “di mare” era altrettanto invitante, ma una scelta la si deve pur fare no….

La scelta dell’acqua è ovviamente abbastanza semplice, optiamo per una “Surgiva” frizzante. La scelta del vino è assai più difficile ed impegnativa, sono un amante del buon vino, per l’occhio inesperto potrei sembrare quasi un intenditore, diciamo che mi interesso e cerco di capire, ho la consapevolezza di essere ignorante e l’umiltà di saper imparare ogni giorno qualcosa di nuovo. Se in altre occasioni avrei azzardato una scelta ed un’accostamento, in quest’occasione mi sembra più opportuno chiedere consiglio al somellier, anche considerato che la scelta del menù degustazione mi fa pensare che il ristorante stesso abbia magari già pensato ad un abbinamento. Vengo subito smentito, ma la somellier sa guidarmi sapientemente nella scelta sino ad arrivare ad un Roero, vino a base nebbiolo, della azienda vitivinicola Negro del 2001. Il vino si chiama “Sudisfà” che è la parola piemontese che indica “Soddisfatto”, questo vino infatti non viene realizzato tutti gli anni, ma solamente nelle annate in cui l’enologo è pienamente soddisfatto della qualità dell’uva ottenuta. Lo assaggio: la bottiglia è a posto e dal primo impatto capisco che non sarà solo l’enologo ad essere soddisfatto, i profumi sono intensi ed inebrianti, la gradazione alcolica è elevata, siamo a 14,5° indicati in etichetta, al naso però non la si percepisce così intensa e non disturba affatto, colpisce molto il profumo di liquirizia e di un qualche frutto rosso, ma che la mia ignoranza e poca memoria olfattiva non mi permette di identificare chiaramente, pur essendo un 2001 non allappa per nulla…lo lasciamo un po’ riposare negli ampi calici in cui ci è stato servito, già sento che ci darà grandi soddisfazioni nel corso della cena, specie in abbinamento ad alcuni piatti…l’acquolina si fa intensa ed ora metre scrivo al solo pensiero sento un richiamo delle sensazioni, da brividi…

Nell’attesa del primo antipasto ci viene portato un pre-antipasto, una terrina di coniglio, accompagnata con una salsina di aceto balsamico, nel mentre viene portato anche in tavola il piatto con il pane: del pane alle noci, una lingua di suocera, un pane all’uva, una focaccia aromatizzata, del pane bianco e grissini fatti a mano con lievito naturale, ad ingannare l’attesa si aggiunge anche una mousse di burro alle erbe che ben si sposa con le tipologie di pane a nostra disposizione e che ci permette anche di godere del piattino in ceramica bianca a forma d’onda e del coltellino d’argento per spalmare il burro sul pane. Arriva il primo antipasto in un piatto quadrato di di vetro bianco smerigliato: dei filettini di coniglio, accompagnati con dei frammenti di olive taggiasche e pomodorini disidratati e sfilacciati, il tutto depositato su una “coulisse” (una cremina che disegna una tela) di pesca noce…sapori sublimi che ben si sposano anche con il vino che prosegue a dare soddisfazioni e con il bichiere che resta magicamente pieno grazie al sapiente e assai discreto lavoro delle cameriere che ci servono.

Il secondo antipasto è prossimo all’arrivo, conterebbe del tartufo nero, ma so che l’angelo biondo non apprezza, lo facciamo presente, ma la cameriera invita a provare comunque, assicurando che è talmente delicato da essere impercettibile o quasi, al più, nel caso proprio non lo gradisca, le verrà poi sostituito con un’ altra portata. Arriva quindi questo piccolo tortino fatto di pasta brisee contenente una composta di porri, lo accompagna una crema al cardo e formaggio caprino in una ciotola a parte e lo contorna questa salsina al tartufo nero. Siamo entrambi estasiati, specie l’angelo biondo che mai avrebbe creduto che un piatto contenente del tartufo nero le sarebbe potuto piacere così. Anche la cameriera apprezza la nostra soddisfazione, del resto solo gli stolti non cambiano mai idea, no?

La conversazione è piacevole, ma su questo non nutrivo dubbio alcuno, e arriva così l’ultimo antipasto su un piatto lungo e rettangolare: sul lato corto e al centro uno spiedino che alterna carne (vi dirò dopo quale) e patate, sull’altro lato dei fagiolini saltati con olio di noci e un gelato al prezzemolo. Su uno dei lati lunghi una granella di noci, sull’altro lato lungo scaglie di bottarga di muggine e cubetti di gelatina di ribes, trasversalmente una cialda sottilissima e croccante alla salvia. Semplicemente divino, sorprendente il gelato al prezzemolo, che ben si sposava con la carne, che il giorno dopo Laura avrebbe scoperto essere lingua di vitello, se se ne fosse accorta prima mai l’avrebbe mangiata, ma invece l’ha pure trovata molto buona, e lo era….molti storceranno il naso, ma posso assicurare che era così delicata da sciogliersi in bocca e con un gusto molto morbido e poco aggressivo, sia alle papille che all’olfatto…la presentazione poi aggiungeva di certo qualcosa. Superba la cialda alla salvia.

Gli antipasti son finiti ed eccoci al primo, di spazio ce ne ancora, le porzioni precedenti erano ben calibrate per lasciar il giusto spazio a tutto e permettere di arrivare al termine sazi e soddisfatti, ma non “ingolfati”…

Un piatto rettangolare di porcellana bianca ospita dei panzerotti ai funghi porcini freschi, contornati da una crema al parmigiano e accompagnati da una salsa al mirtillo ed alcuni mirtilli freschi…sublimi…

Infine il secondo, uno stracotto di scaramella al nebbiolo accompagnato da cipolline caramellate, meno elaborato come piatto rispetto ai precedenti, ma altrettanto buono e soprattutto è entrato in “sinergia” con il roero che ci ha accompagnato durante il pasto e si sono reciprocamente esaltati.

Siamo al dolce, ma con nostro stupore arriva un pre-dolce, un delicato sorbetto all’uva fragola. Golosissimo, fresco e piacevolmente acidulo, quel che ci voleva per prepararci al gran finale: un piccolo dolce al cioccolato con un cuore di cioccolato fuso leggermente spolverato di zucchero a velo. Anche lui presentato su un piatto rettangolare lungo e bianco, al centro fanno bella mostra di se due piccole “ganache” allo zenzero fresco e a destra un minicestino di cioccolato fondente con piccoli frammenti di ananas fresco leggermente carammellato, ad accompagnare una piccola granita al frutto della passione che permette di intermezzare e rinfrescare il palato , sposandosi squisitamente, nel tripudio di cacao e cioccolato che danzava tra il piatto e le nostre labbra…

A questo punto mancava soltanto un buon caffè, almeno per me. Il caffè arriva ed è accompagnato da una piccola scacchiera formata da ciotoline quadrate contenenti diversi tipi di zucchero, con delle minuscole e graziosissime palettine di porcellana bianca, insieme anche una piccola alzata in argento con un centrino bianco che contiene la classica ciliegina sulla torta: degli “sweeties” costituiti da piccoli baci di dama, brutti e buoni, gelatine alla mora con una perla di cioccolato fondente al centro, fragole fresche semi-glassate al cioccolato e con una “sabbiatura” di zucchero e splendidi alchechengi anch’essi semiglassati al cioccolato. Buoni? E che ve lo dico a fare…. ^_^

Il caffè, infine, oltre ad essere un buon caffè era anche servito in un piccolo gioiello di design della Villeroy & Boch, una tazzina in porcellana bianca che sembra essere formata da una vela arrotolata posata su un’onda bianca, il caffè sarebbe comunque stato buono, ma questo dettaglio ha di certo aggiunto un piacere in più e mi ha fatto gustare il caffè anche con gli occhi e con le dita, perchè i dettagli non sono sempre trascurabili…..

Makalu

Villeroy & Boch

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Quando l'amore diventò cieco

Raccontano che un giorno si riunirono in un luogo della terra tutti i
sentimenti e le qualità degli uomini.

Quando la noia si fu presentata per la terza volta, la pazzia come
sempre un po’ folle propose:
“giochiamo a nascondino!”. L’interesse alzò un sopracciglio e la
curiosità senza potersi contenere chiese: “a nascondino? di che si tratta?” “é un gioco -spiegò la pazzia – in cui io mi copro gli occhi e mi metto a contare fino a 1000000 mentre voi vi nascondete, quando avrò terminato di contare il primo di voi che scopro prenderà il mio posto per continuare il gioco”.

L’entusiasmo si mise a ballare, accompagnato dall’euforia. L’allegria
fece tanti salti che finì perconvincere il dubbio e persino l’apatia, alla quale non interessava mai niente…. però non tutti
vollero partecipare. La verità preferì non nascondersi. Perché se poi
tutti alla fine la scoprono?
La superbia pensò che fosse un gioco molto sciocco (in fondo ciò che le dava fastidio era che non fosse stata una sua idea) e la codardia preferì non arricchirsi.

“UNO,DUE,TRE…” -cominciò a contare la pazzia. La prima a nascondersi fu la pigrizia che si lasciò cadere dietro la prima pietra che trovò sul percorso. La fede volò in cielo e l’invidia si
nascose all’ombra del trionfo che con le proprie forze era riuscito a
salire sull’albero più alto. La generosità quasi non riusciva a nascondersi. Ogni posto che trovava le sembrava meraviglioso
per qualcuno dei suoi amici. Che dire di un lago cristallino? Ideale per la bellezza. Le fronde di un albero? Perfetto per la timidezza. Le ali di una farfalla? Il migliore per la voluttà. Una folata di
vento? Magnifico per la libertà. Così la generosità finì per nascondersi in un raggio di sole.
L’egoismo, al contrario trovò subito un buon nascondiglio, ventilato,
confortevole e tutto per sé.
La menzogna si nascose sul fondale degli oceani (non e’ vero, si nascose dietro l’arcobaleno!).
La passione e il desiderio al centro dei vulcani. L’oblio….non mi
ricordo…dove?

Quando la pazzia arrivò a contare 999999 l’amore non aveva ancora
trovato un posto dove nascondersi poiché li trovava tutti occupati; finché scorse un cespuglio di rose e alla fine decise
di nascondersi tra i suoi fiori. “un milione!” – contò la pazzia. E
cominciò a cercare. La prima a comparire fu la pigrizia, solo a tre passi da una pietra. Poi udì la fede, che stava discutendo con
Dio su questioni di teologia, e sentì vibrare la passione e il desiderio dal fondo dei vulcani. Per caso trovò l’invidia e poté dedurre dove fosse il trionfo. L’egoismo non riuscì a trovarlo: era
fuggito dal suo nascondiglio essendosi accorto che c’era un nido di
vespe. Dopo tanto camminare, la pazzia ebbe sete e nel raggiungere il lago scoprì la bellezza. Con il dubbio le risultò ancora più facile, giacché lo trovò seduto su uno steccato senza avere ancora deciso da
che lato nascondersi.

Alla fine trovò un po’ tutti: il talento nell’erba fresca, l’angoscia in una grotta buia, la menzogna dietro l’arcobaleno e infine l’oblio che si era già dimenticato che stava giocando a nascondino.
Solo l’amore non le appariva da nessuna parte. La Pazzia cercò dietro
ogni albero, dietro ogni pietra, sulla cima delle montagne e quando stava per darsi per vinta scorse il cespuglio di rose e cominciò a muovere i rami. Quando, all’improvviso, si udì un grido di
dolore: le spine avevano ferito gli occhi dell’amore! La pazzia non sapeva più che cosa fare per discolparsi; pianse,
pregò, implorò, domandò perdono e alla fine gli promise che sarebbe
diventata la sua guida.

Da allora, da quando per la prima volta si giocò a nascondino sulla
terra, l’amore e’ cieco e la pazzia sempre lo accompagna….

L’animale e La cura

Ieri sera concerto di Franco Battiato in quel di Torino, gentilmente offerto da comune e regione per la serata finale del premio letterario Grinzane Cavour

Nella piazzetta Reale, quella antistante il palazzo reale in piazza Castello.
Palazzo Reale

Quartetto d’archi, pianoforte e tastiera…Lui, magico e siciliano come solo lui sa essere…prima parte più istituzionale con la platea dei vip seduta e i “popolo” dietro e alle spalle…poi sfondamento al rallentatore delle “barriere” ed invasione, anche questa al rallentatore, pacifica della platea sino a giungere sotto al palco…con Lui che si è prestato alle richieste ed al bagno di folla…sino alla battuta “mi sembra di essere un jukebox”…per poi eseguire “L’animale” e dirci: “parafrasando la canzone posso dirvi che l’animale che c’è in me vorrebbe andare a dormire….” ancora una canzone e poi tutti a casa…pero’ ne è valsa la pena.
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il bar della Jole

Tratto dagli album di Marco Paolini

[…] Il bar è un mondo perfetto: ognuno si fa gli affari suoi. Arrivavamo noi alle otto e mezza del mattino tutto il mondo era già lì. Posti a sedere: niente! Per forza, la Jole apriva presto, cucina all’alba: …l’amore viene e va e gira il mondo….il brodetto di gallina… e passa il porto senza navigare….le trippe… e passa il porto senza andare a fondo… la pasta e fagioli…..l’amore viene e va e gira il mondo…il baccalà con la polenta, i folpi, il fritto misto, il brodo…alle sei e mezza del mattino il menù leggero era completo. I primi ad arrivare i contadini, quelli dei mercati generali:”Jole dammi un caffè” – ” Ciapa una bella fetta di musetto caldo coi crauti che tira su anche le gambe da drio, caro” poi postini, manovali e ferrovieri e ultimi studenti e commercianti. Eeeh bella vita. “Jole un caffè” – “Jole un caffè” -“Jole un caffè, non corretto!” “Sta tu mal caro?” Era un caffè raro. Solo malati gravi o giustificazione dei genitori
[…]
E il telefono? Quando suonava in bar era il gelo? Jole alzava la cornetta, poi chiudeva la cornetta e usava una perifrasi molto elegante:”Chi è che non si è visto oggi?” e poi la telefonata la chiudeva sempre uguale: “No signora, oggi non c’era” e sentivi dall’altro lato del telefono l’altra metà del cielo che cominciava a nuvolarse!”
[…]
Quando il treno arrivava il passaggio a livello era sempre aperto. E il treno: tiuiu….tiuiu….tiuiu…. e dalla stazione, ma calmi: plin……plin……plin……ma secondo me sapevano: Jole al fischio del treno apriva il finestrino sul retro del bar, siaffacciava e al macchinista:”Ciao bel, cosa te dago?” Quello, sedotto, passava l’ordine. Jole rientrava al banco e preparava il cestino da viaggio. I folpi, la polenta il fritto misto, il brodo. Un quarto, un mezzo un litro di rosso, metteva tutto sulla carrucola e lo passava fuori dal bar senza mettere un piede fuori dal suo. Elegante come un rifornimento di tappa del ciclismo. In anticipo sui tempi,takeaway……ciapasù! Ma da Jole il take-away si faceva in treno
[…]

Per fare un ponte…. (quarta e ultima parte)

Eccoci di nuovo in pista, rigenerati dal sonno ristoratore protetti dal porto. Notte serena e tranquilla. Il tempo non è il massimo: nuvoloso ma non piove. Colazione e si riparte. Il buco in cui siamo stati rimorchiati dimostra di essere davvero un buco. Siamo parcheggiati all’inglese, ovvero con il molo non di poppa, ma bensì sul fianco destro. Dietro abbiamo uno yacht a motore ormeggiato all’inglese. Davanti una pilotina dei carabinieri. Capitan Ale è al timone, libero la cima di prua, Alessione è alla cima di poppa, io e il Capo(cordata) ci mettiamo appesi sul fianco destro, al segnale del capitano spingiamo tutto il possibile per allontanare la barca dal molo e farle buttare la prua a sinistra oltre il muso della pilotina dei carabinieri. La cima di poppa viene lasciata un pelo troppo presto, la barca “smusa” poco, ma in compenso avanza decisa, il fianco destro della barca si avvicina pericolosamente alla prua della pilotina, io ed il Capo ci appendiamo agli stralli e spingiamo con decisione con i piedi sul castello di prua della pilotina e teniamo così a distanza le due barche. Il muso è fuori. Lo spazio è poco, ma aumenta. Il capitano manovra sapientemente, effettua un inversione ad U e prende la via d’uscita del porto. Andiamo un po’ a motore, poi apriamo le vele. Andatura di poppa con il vento dietro, ci alterniamo al timone io, capitan Ale, Alessione ed il Capo. Consultiamo i bollettini meteo e decidiamo di andare a dormire nella cala di portovenere: sempre ben riparata e molto pittoresca.
Buttiamo l’ancora e decidiamo di andare con il tender (gommoncino da 3-4 posti con un piccolo motore fuoribordo) a fare aperitivo a portovenere. Il sottoscritto si traforma in “caronte”, siamo in 10, sono necessari tre viaggi di tender per portarci tutti a riva. Il tender non è dei migliori arrivano spruzzi d’acqua considerevoli. Alla fine capitan Ale e il Capo restano a bordo. Il vento ha rinforzato un po’. Preferiscono tenere d’occhio la barca. Gli altri 8, me compreso, sono a spasso per portovenere. Io ho i piedi ed il culo fradici per i tre viaggi di andata e ritorno con il tender. Tira pure un’aria fredda. Tengo duro, c’è di peggio. Rientrati in barca, altri tre giri di tender, sono ancor più fradicio, ma mi posso cambiare. Scatta un giro di gewurtztraminer, molto meglio dei giri di Tender. Cena e dopo una bella chiaccherata ed uno sfottò al Capo che cerca sempre di pescare tonni alla traina con risultati un po’ deludenti. Tonni o altri pesci pescati = 0, Pesci di plastica usati come esca persi = 1000. Ma noi Capo siamo con te…prima o poi il tonno abbocca! Del resto se hai conquistato “nostra signora del caffè” con un rutto, c’è speranza per tutti….

Al mattino il sole splende, l’aria è fresca. Alessio e capitan Ale si esibiscono in un bagno. Mamma mia che freddo. Io non ci penso nemmeno e mi concedo, seguito dagli altri maschietti, uno dei grandi piaceri della barca: far pipì in mare in piedi a poppa della barca. Noblesse oblige B). Per chi non lo sapesse: i bagni delle barche a vela scaricano in mare, quindi il risultato è lo stesso, la prima opzione è più “panoramica” 😀
Facciamo colazione, il mare è bello calmo, ma di fronte a portovenere passano barche di turisti “merenderos” che alzano onde e fanno ballare le barche ancorate in rada. Compresa la nostra. Una di queste passa veloce e vicina. Alza onde notevoli, ci fa ballare alla grande e fa cadere buona parte della roba da colazione che si trova sul tavolino nel pozzetto della barca. Lino, il compagno di Alessione, si gira e con tutto l’odio possibile inveisce nel seguente modo in direzione della barca incriminata: “FROCIO DI MMEERDA” Il resto dell’equipaggio si piega in quattro parti dal ridere, i più faticano a respirare e sono con le lacrime agli occhi. Se non vi fa ridere rileggete bene e vedrete che calato nel contesto coglierete tutta l’ironia.
Il sole splende, il vento è bello teso e nel golfo dei poeti è un brulicare di vele. Il capitano scalpita, decidiamo di andare a fare “due bordi” in attesa di pregustare quel che ha proposto Alessione: pranzo in un ristorantino sull’isola di Palmaria che si affaccia su una bella insenatura. Via a veleggiare, facciamo qualche bordo, il capitano mi cede il timone e gioco pur io con il vento e la barca che sbada piacevolmente, effettuo una virata, cambio andatura e passo da una bolina a un traverso e poi un lasco. Arriva ora di pranzo, si manovra per chiudere le vele, poi ripasso il timone al capitano e ci ancoriamo ridossati vicino al ristorante. Il traghettatore ci recupera e ci porta a mangiare. Pesce favoloso, buon vino, ottima la compagnia!
E’ ora di rientrare, attraversiamo il golfo dei poeti a motore per far prima, un treno aspetta alcuni di noi, il Capitano si riposa prima delle ultime impegnative manovre e lascia il sottoscritto a giocare con il timone. Le onde ci spingono di poppa e un po’ di traverso ed ogni tanto prendono la barca e la fan ruotare sensibilmente, anche perchè il Kalu non è un asso del timone. Ma onda dopo onda ci si prende la mano e un po’ si migliora.
Siamo di nuovo nel fiume Magra. Facciamo benzina, ottima la manovra del capitano. Usciamo dal benzinaio e andiamo ad ormeggiarci definitivamente con sapiente manovra finale di capitan Ale. La ruggine della prima manovra è sparita del tutto, peccato che siamo già arrivati. Si svuota la barca. Un saluto, un abbraccio e si parte. On Ze road again!Grazie a tutti….Arrivederci mare…Arrivederci VENERE…..